Viene comunemente definito Baby Talk (ma anche motherese, parentese, mammese ecc.). E’ la lingua che tutti conosciamo, che non conosce confini e che ci permette di comunicare globalmente. Ben prima, meglio e a scanso di equivoci delle parole!
Una lingua universale, dunque: ovunque, in qualunque territorio e cultura, ci rivolgiamo ai bambini con un linguaggio che ha caratteristiche di musicalità. Vocali allungate, doppie enfatizzate, picchi di tono (acuto, ma non solo), ripetizioni che formano un ritornello.
Diversi studi e ricerche, confermano che il cosiddetto Baby Talk aiuta a sviluppare competenze ai bambini, trasmette serenità, apre canali di comunicazione e conoscenza, avvicina affettivamente, ci inscrive in una diade prima e in una comunità poi.
Perché? Una prima semplice risposta sta nel fatto che in questo “modo” di parlare si contatta tutta l’ampiezza vocale, la voce parlata si arricchisce di melodia e trasforma l’atto fonatorio in una voce che esprime una viva essenza.
Questo potrebbe spiegare, se proprio ci servisse un perché… L’umana e universale attitudine musicale.
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